Nel 357 a.C. Mausolo, satrapo della Caria, incitò la rivolta di numerose città greche contro lo strapotere ateniese, in particolare Bisanzio, Rodi e Chio.
Gli ateniesi decisero di affidare il comando delle operazioni a due generali: Carete e Cabria.
Già in estate la flotta di Cabria venne sconfitta presso l’isola di Chio e lo stesso comandante greco, per non doversi ritirare, decise di continuare a combattere fino ad essere ucciso.
Carete a quel punto ottenne il comando dell’intera flotta e provò a dirigersi verso Bisanzio, per assediarla. Egli aveva 60 navi cui se ne aggiungevano altre 60, guidate da Ificrate e Timoteo.
Questi ultimi due furono però costretti da una tempesta a dirigersi verso Samo, dove era stata allestita la flotta ribelle, che contava circa 100 navi. A quel punto Carete decise di seguirli, sperando di dare battaglia ai ribelli contando sulla totalità della flotta.
Ma intanto una burrasca continuava a colpire le navi di Ificrate e Timoteo, che non arrivarono mai a Samo.
Così Carete si trovò a combattere da solo; venne duramente sconfitto e gran parte delle sue navi furono distrutte (la cosiddetta battagliadI Embata). Era il 356 a.C. e la situazione per i greci iniziò a precipitare.
Oramai sul fronte orientale ben due comandanti erano stati sconfitti, assieme a numerose navi. E ben presto gli alleati in rivolta saccheggiarono le isole di Lemno e Imbro.
In soli due anni la guerra si era rivelata un disastro completo.
Per la battaglia di Embata fu anche organizzato un processo in cui Carete asserì che se Ificrate e Timoteo fossero arrivati avrebbero potuto facilmente vincere e prendere Samo. Ificrate rifiutò di difendersi, e si limitò a mostrare la spada, intimando implicitamente ai giudici di far armare tutta la sua cerchia di soldati in caso di condanna. Timoteo fu invece condannato ad una pesante multa e andò in esilio.
Ma intanto la guerra continuava.
A nord della Grecia la situazione non era affatto migliore; Filippo II approfittava infatti degli scontri per catturare diverse importanti città, fra cuI Anfipoli, Pidna, Potidea e la cittadina di Crenides poi rinominata Filippi.
Carete comunque doveva continuare la battaglia a oriente e per farlo aveva bisogna di ingenti quantità di denaro (considerando anche che buona parte del suo era composto da mercenari). Non voleva però chiedere aiuti alla madrepatria, Atene, e decise quindi di mettersi al servizio di Artabazo, un satrapo (governatore) persiano in rivolta. Dopo poco però Atene ordinò a Carete di interrompere la collaborazione per via delle lamentele del sovrano persiano Artaserse.
Gli ateniesi erano preoccupati che i persiani sarebbero potuti intervenire a favore delle colonie. Ed in effetti nel 356 a.C., a causa delle numerose operazioni ateniesi nei pressi dell’Impero Persiano, questo chiese ad Atene di abbandonare l’Asia Minore.
I persiani minacciavano guerra e gli ateniesi non erano in condizione di affrontarla. Per cui nel 355 a.C. accettarono la richiesta persiana e riconobbero l’indipendenza degli alleati.
Si concludeva quindi la guerra degli alleati, durata meno di quattro anni, che aveva visto Atene perdere su ogni fronte e vedeva invece una grande vittoria dei ribelli guidati da Mausolo.
-D.Leone