La battaglia di Tigranocerta

Questo articolo vuole essere molto più leggero e breve. Sia per via dell’argomento, che può essere considerato una mera curiosità, sia per evitare che un articolo troppo lungo possa scoraggiare alla lettura.

La Battaglia di Tigranocerta (69 a.C.) vide contrapporsi la Repubblica Romana ed il Regno di Armenia, nel corso delle guerre mitridatiche. Gli Armeni erano infatti alleati del Ponto, guidati da Mitridate il Grande.

Da una parte il generale Lucio Licinio Lucullo, a guidare l’armata romana, e dall’altra il sovrano Tigrane II.

Effige del Sovrano Tigrane II

Secondo le stime l’esercito romano contava poco più di 10.000 soldati, quello armeno superava le 250.000 unità.

I generali armeni avevano intenzione di far morire le armate romane di fame, ma vedendo che erano così poche Tigrane decise di muovere guerra.

Celebre la sua frase

“Se sono qui come ambasciatori sono troppi. Se come nemici, troppo pochi”

Lucullo divise il suo esercito in due parti, mandando un suo ufficiale ad assediare Tigranocerta, la capitale armena, e marciando su una collina alle spalle del generale Tigrane.

Quest’ultimo inizialmente credeva che i romani si stessero ritirando. Quando si accorse che quella piccola armata gli stava marciando contro, si trovava oramai in una situazione svantaggiosa.

I Romani, presa la collina dietro l’armata armena, ricevettero l’ordine di colpire i cavalieri catafratti (ovvero corazzati) alle gambe e alle cosce, uniche parti non protette.

Cavaliere catafratto (in questo caso romano, non armeno)

I cavalieri armeni, completamente impreparati e spaventati dai romani, iniziarono una rovinosa ritirata in cui investirono decine di migliaia di fanti armeni. Presto gli armeni si ritrovarono in rotta generale, combattendosi fra loro, e lo stesso Re fuggì frettolosamente dal campo di battaglia. In quella grande armata neppure era ben chiaro cosa stesse accadendo e gli ordini erano impossibili da dare.

Secondo Plutarco quel giorno i romani subirono solo 5 morti, contro le 100.000 perdite nelle fila armene.

Tigrane II fu poi nuovamente sconfitto da Gneo Pompeo (auto-definitosi “Pompeo Magno”), e governò sull’Armenia come suddito di Roma.

Piccola nota; la battaglia, nonostante fu una vittoria di dimensioni epocali per i romani, non venne poi “pubblicizzata” come le altre numerose imprese di Lucullo (che pure era amico di Cicerone) vista la sua gravissima decadenza politica negli ultimi anni di vita.

-Davide Leone

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